VISIONS OF THE EARTH. Nuove prospettive artistiche sulle dinamiche terrestri

di Giorgio Capasso e Fabiola Di Maggio

È possibile far dialogare l’arte e le scienze, nel caso specifico, le scienze della Terra? È possibile inventare un linguaggio comune, uno strumento per raccontare efficacemente conoscenze, emozioni, tradizioni, cultura? La storia dell’arte ci ha proposto nel tempo numerose  rappresentazioni di eruzioni vulcaniche e di eventi sismici catastrofici. Nel corso della storia terremoti ed eruzioni hanno alimentato miti e leggende. Ispirandosi a essi, molti artisti, in modi differenti, hanno raffigurato le calamità naturali, dai tempi più antichi fino ad oggi. Stampe, affreschi, tele, fotografie hanno contribuito, e contribuiscono ancora oggi, a conservare il ricordo dei disastri e degli effetti nefasti causati dai terremoti e dalle eruzioni vulcaniche.

L’iconografia legata allo sviluppo tecnologico e alla ricerca scientifica basata su strumentazioni tecnologicamente avanzate costituisce un campo espressivo artistico relativamente recente. Quella che è chiamata Arte e cultura visuale, legata ai mezzi scientifici e alle immagini da questi prodotte, è connessa alla “svolta visuale” nel campo della rappresentazione artistica verificatasi negli anni Novanta del secolo scorso, ed è legata alla diffusione delle immagini attraverso i media, dalla televisione al computer, al web e agli smartphone. È, dunque, grazie alla visualizzazione e alla diffusione mediatica dei progressi scientifici e tecnologici, che restituiscono strutture, morfologie ed evoluzioni della Terra, che l’immaginario collettivo – artistico nello specifico – si è arricchito e si nutre di una moderna linfa che ha fatto nascere un’immaginazione estetica del tutto inedita e singolare.

Da queste premesse concettuali e di progetto si è sviluppata l’esposizione “VISIONS OF THE EARTH – L’arte e la cultura visuale sismografica e vulcanologica”, che ha affrontato il tema della visualizzazione dello studio e della salvaguardia della Terra nella relazione tra Arte e Scienza. L’esposizione, curata da Fabiola Di Maggio, antropologa delle immagini e Dottore di Ricerca in Studi Culturali Visuali e Museali all’Università di Palermo, ha visto il patrocinio dell’INGV ed è ospitata fino al 31 gennaio 2019 presso il Polo Museale Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea, nel Palazzo d’Aumale di Terrasini, Palermo (figura 1).

Fig. 1 - Gruppo
Figura 1 – Il Collettivo Neuma con i ricercatori dell’INGV e il regista Valerio Jalongo (al centro) autore del documentario su Arte e Scienza “Il senso della Bellezza”, proiettato all’inaugurazione della mostra.

Il percorso espositivo è stato studiato per esaltare il dualismo arte-scienza attraverso l’accostamento di strumenti utilizzati in sismologia e in vulcanologia. Sismografi da terra e da mare, sistemi per il campionamento e la misura di fumarole vulcaniche, sono stati accostati alle opere del gruppo di artisti del “Collettivo Neuma”, Giacomo Bertolino, Michele Di Donato, Marco Favata, Massimiliano Scuderi, che hanno fatto uso di tali prospettive scientifiche e dei loro oggetti di studio (terra, mare, vulcani, atmosfera) per realizzare i lavori in mostra (https://youtu.be/DborfcGzk2w).

I lavori del “Collettivo Neuma” guidano l’osservatore verso la comprensione dell’innesto tra arte e scienza per mezzo di un’intuizione impressionistica resa da immagini e oggetti. Quadri, sculture e composizioni fotografiche, raffigurando un’inedita visione estetica dei moti terrestri e dei vulcani, suggeriscono una riflessione sul valore multiprospettico dello sguardo umano che non si limita a registrare il reale, ma lo supera nel flusso di immagini che appartengono sia alla scienza che all’arte. Così, nella scultura “Kundalini” (figura 2) Giacomo Bertolino trasfigura l’energia fisica di un vulcano in quella latente in ogni essere umano. Nella sua visione il vulcano è la montagna che collega le profondità della Terra, dove risiede il pensiero inconscio, con la superficie, sede del pensiero cosciente.

Fig 2 - BERTOLINO
Figura 2 – Giacomo Bertolino, “Kundalini” 2018, Rondelle e ingranaggi meccanici e materiali metallici di recupero.

Di grande effetto la tela “Esplosioni vulcaniche” (figura 3) in cui Marco Favata, attraverso l’utilizzo di schizzi di cemento,  ha voluto accoppiare ai colori accesi e suggestivi della lava anche il rilievo, dando tridimensionalità all’opera e stimolando nell’osservatore una sensazione più reale di quanto si possa immaginare.

Fig. 3 - FAVATA
Figura 3 – Marco Favata, “Esplosioni vulcaniche”, 2018 Cemento, vinavil e acrilico su tela.

Suggestiva la composizione fotografica di Michele Di Donato “Brain Cloud” (figura 4) che dietro a un’esposizione di immagini apparentemente casuale cela un’idea progettuale nuova e interessante. Soggetti, dimensioni e posizioni di ogni fotografia sono proporzionali alla frequenza con cui alcuni termini rappresentati, legati a paure, sensazioni o stati d’animo conseguenti ai fenomeni sismici e vulcanici, vengono citati su internet.

Fig. 4 DI DONATO
Figura 4 – Michele Di Donato, “Brain Cloud”, 2018 Composizione fotografica.

Infine, troviamo nuovamente l’uomo nella tela “Isola vulcanica e strutture” di Massimiliano Scuderi (figura 5). Nel suo taglio prospettico la personificazione dell’esistenza umana si palesa tramite effimeri e caotici edifici collocati nella parte inferiore della tela, mentre l’isola vulcanica si staglia al centro della composizione come struttura eretta dalla natura e in continuo mutamento.

Fig. 5 - SCUDERI
Figura 5 – Massimiliano Scuderi, “Isola vulcanica e strutture”, 2018 Pittura acrilica su tela.

I lavori presentati sono tutti esempi di come la creatività dell’artista sta nell’intuizione, nell’atto che genera bellezza quasi dal nulla. Come diceva Henri Matisse: “Ogni artista è un esploratore, come ogni esploratore è un artista”. Per chi si occupa di scienza, il taglio artistico e la ricerca della bellezza non si raggiunge con tela, colori e pennelli, ma con una tensione verso la conoscenza: la bellezza intimamente legata allo scoprire, a un velo che scivola via, a un “disvelamento”. L’esploratore della conoscenza sa bene che il punto di mira non è quasi mai ben delineato; sa bene che la sua rotta punta verso ciò che non si conosce ed è proprio questo che lo spinge; sa che deve abbandonare le certezze per andare incontro all’ignoto e sa anche che, se la sua intuizione è giusta, ciò che era ignoto diventerà un nuovo spazio di conoscenza e libertà per altri.

Tuttavia, la ricerca scientifica non è solo un’azione verso la conoscenza o verso il superamento dei limiti, ma anche una predisposizione emotiva, un atteggiamento mentale. È un rapporto speciale che ogni ricercatore instaura con la natura per studiarla e per conoscerla e, man mano che le si avvicina scopre di amarla a tal punto da vivere ogni scoperta come una ricerca continua di sé e dei propri limiti.

Come la mostra VISIONS OF THE EARTH vuole sottolineare, parlare di arte o di scienza diviene un mero esercizio di classificazione, perché il seme della creatività germina sullo stesso terreno: il terreno del desiderio o, come lo chiamavano gli antichi greci, il regno di Eros.