Alla scoperta dei vulcani

Cos’è un vulcano?

IN TRE RIGHE

I vulcani sono elementi del paesaggio che si formano dove il magma raggiunge la superficie, risalendo lungo fratture della crosta terrestre, e viene eruttato sotto forma di lava, o come una miscela di gas, ceneri ed altri frammenti vulcanici. L’accumulo dei materiali eruttati attorno al centro di emissione può formare un edificio vulcanico, il cui aspetto dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche dei materiali emessi e dal sistema di alimentazione, ovvero dalla forma e posizione dei condotti eruttivi.

APPROFONDIMENTO

Il classico vulcano a forma di cono, dai fianchi più o meno ripidi, si forma quando la risalita del magma avviene lungo un condotto centrale. In questi casi il profilo dipende dal tipo di prodotti emessi: l’alternanza di lave e ceneri tende a produrre edifici dai fianchi ripidi (detti anche vulcani strato o stratovulcani), come lo Stromboli, il Vesuvio e l’Etna in Italia, il Fujiyama in Giappone, o il Majon, nelle Filippine. Le forme appuntite sono favorite dall’emissione di lave ricche in silice, che tendono ad essere poco fluide. Al contrario, lave a composizione basaltica, molto calde e povere in silice, tendono a produrre edifici vulcanici dal profilo dolce, con versanti a basso angolo (detti vulcani a scudo), come le Hawaii. A volte la risalita del magma avviene lungo sistemi di fratture, e genera in superficie strutture allungate lungo direzioni preferenziali.

In alcuni casi, l’attività eruttiva è sufficientemente violenta o superficiale da causare la formazione di crateri, di diametro variabile dalle decine alle centinaia di metri, che talvolta distruggono del tutto o in parte le strutture vulcaniche pre-esistenti.

Alcune eruzioni molto violente sono accompagnate dalla formazione di strutture di collasso, dovute allo svuotamento del serbatoio magmatico. In questi casi il vulcano assume la forma di una vasta depressione, detta caldera, spesso di forma sub-circolare e di dimensioni che possono raggiungere alcune decine di chilometri. La più grande caldera italiana è quella dei Campi Flegrei, una delle caldere più studiate al mondo.

Come si formano i vulcani?

IN TRE RIGHE

I vulcani sono elementi del paesaggio che si formano dove il magma raggiunge la superficie, risalendo lungo fratture della crosta terrestre, e viene eruttato sotto forma di lava, o come una miscela di gas, ceneri ed altri frammenti vulcanici. L’accumulo dei materiali eruttati attorno al centro di emissione può formare un edificio vulcanico, il cui aspetto dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche dei materiali emessi e dal sistema di alimentazione, ovvero dalla forma e posizione dei condotti eruttivi.

APPROFONDIMENTO

Il classico vulcano a forma di cono, dai fianchi più o meno ripidi, si forma quando la risalita del magma avviene lungo un condotto centrale. In questi casi il profilo dipende dal tipo di prodotti emessi: l’alternanza di lave e ceneri tende a produrre edifici dai fianchi ripidi (detti anche vulcani strato o stratovulcani), come lo Stromboli, il Vesuvio e l’Etna in Italia, il Fujiyama in Giappone, o il Majon, nelle Filippine. Le forme appuntite sono favorite dall’emissione di lave ricche in silice, che tendono ad essere poco fluide. Al contrario, lave a composizione basaltica, molto calde e povere in silice, tendono a produrre edifici vulcanici dal profilo dolce, con versanti a basso angolo (detti vulcani a scudo), come le Hawaii. A volte la risalita del magma avviene lungo sistemi di fratture, e genera in superficie strutture allungate lungo direzioni preferenziali.

In alcuni casi, l’attività eruttiva è sufficientemente violenta o superficiale da causare la formazione di crateri, di diametro variabile dalle decine alle centinaia di metri, che talvolta distruggono del tutto o in parte le strutture vulcaniche pre-esistenti.

Alcune eruzioni molto violente sono accompagnate dalla formazione di strutture di collasso, dovute allo svuotamento del serbatoio magmatico. In questi casi il vulcano assume la forma di una vasta depressione, detta caldera, spesso di forma sub-circolare e di dimensioni che possono raggiungere alcune decine di chilometri. La più grande caldera italiana è quella dei Campi Flegrei, una delle caldere più studiate al mondo.

Dove si formano i vulcani?

IN TRE RIGHE

Perché un vulcano si possa formare deve esserci disponibilità di magma nel sottosuolo e condizioni favorevoli alla sua risalita verso la superficie. La distribuzione geografica dei vulcani mostra che questo accade lungo i margini delle placche tettoniche e in corrispondenza dei cosiddetti punti caldi.

APPROFONDIMENTO

Le regioni vulcaniche sono particolari aree del pianeta dove le condizioni di pressione, temperatura e composizione delle rocce in profondità sono tali da garantire la formazione di magmi per fusione di rocce della crosta o del mantello terrestre. Il magma può risalire ed eruttare in superficie quando le sue caratteristiche e le condizioni delle rocce circostanti lo consentono. Questo avviene, ad esempio, nel caso di vulcani ad attività persistente, come Stromboli e l’Etna, dove la risalita del magma può avvenire lungo condotti aperti ben sviluppati. Anche nel caso delle dorsali oceaniche, il magma si forma in prossimità della superficie e viene facilmente eruttato formando nuova crosta oceanica. In altri casi, il magma si ferma all’interno della crosta per periodi di tempo anche molto lunghi, durante i quali si raffredda e in parte cristallizza. La parte che rimane fusa evolve, cioè la sua composizione cambia arricchendosi di silice e di gas. In questo processo il magma diventa progressivamente meno denso, più viscoso e più ricco in gas. Tutti questi fattori contribuiscono ad aumentare la sua capacità di produrre eruzioni fortemente esplosive.

Cosa è il magma e come si forma?

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Il magma è una miscela di roccia fusa, ad altissima temperatura (fino a 1600 °C), composta da proporzioni variabili di fasi minerali (principalmente silicati), cristalli e gas. Il magma si forma in profondità per fusione di rocce della crosta o del mantello terrestre. Può risalire fino alla superficie, causando un’eruzione vulcanica, o solidificarsi in profondità, formando rocce intrusive come i graniti.

APPROFONDIMENTO

Nel magma possono essere presenti tutte e tre le fasi della materia: c’è una fase liquida (detta anche fuso) al cui interno possiamo trovare cristalli (allo stato solido) e bolle di gas. Il gas più abbondante nei magmi è il vapore acqueo, ma sono presenti anche l’anidride carbonica e altri gas (acido cloridrico, anidride solforosa) in quantità minori. Questi gas possono essere disciolti nel magma o, in prossimità della superficie, possono formare bolle di dimensioni variabili.

Il fuso magmatico (e la roccia che deriva dal suo raffreddamento) può avere diverse composizioni che si distinguono per il contenuto in silice (ossido di Si, o SiO2) e che determinano molte sue caratteristiche fisiche: i magmi più ricchi in silice (rioliti) sono molto viscosi e meno caldi, mentre i magmi basaltici, poveri in silice, sono caldissimi e molto fluidi. Sono molto comuni i magmi con un contenuto di silice intermedio (andesiti). Raramente si trovano magmi a composizione carbonatica, particolarmente fluidi.

Oltre che dalla quantità di silice, la composizione dei magmi è determinata dalla presenza di otto elementi principali, detti Maggiori: alluminio, ferro, magnesio, calcio, potassio, sodio, titanio e idrogeno. La composizione di magmi e rocce è convenzionalmente descritta dalle percentuali in peso degli ossidi che questi elementi formano legandosi all’ossigeno. Altri elementi (minori e in tracce) completano la caratterizzazione di ogni singolo campione.

Il magma si forma quando le rocce del mantello o della crosta terrestre si vengono a trovare in condizioni tali da consentirne la fusione. Questa fusione non è mai completa perché le rocce sono solitamente composte da più minerali, ciascuno caratterizzato da una temperatura di fusione differente. Quando una roccia inizia a sciogliersi, lo fa a partire dalle fasi minerali con temperatura di fusione più bassa. Il magma che si forma non è quindi l’equivalente fuso della roccia di partenza, ma un suo “estratto” che può ulteriormente differenziarsi nel suo cammino. Il magma è solitamente più leggero della roccia da cui si forma e per questo tende a risalire verso la superficie.

Che temperatura può raggiungere il magma?

La temperatura del magma non si misura direttamente, ma può essere ricostruita in laboratorio. Qui, campioni rappresentativi delle diverse rocce vulcaniche vengono riportati alle condizioni di pressione e temperatura tipiche dell’ambiente magmatico e si può osservare a quale temperatura il campione fonde. Grazie a queste analisi sappiamo che le temperature dei magmi variano, a seconda della loro composizione, fra i 650°C (per i magmi riolitici, ricchi in silice) e i 1600°C (per alcuni magmi rari, detti komatiti, particolarmente ricchi in magnesio e poveri in silice).

Qual è la temperatura della lava?

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La temperatura della lava al momento dell’eruzione varia a seconda della composizione. Misure dirette indicano che può variare fra i 500 e i 1200°C.

APPROFONDIMENTO

La temperatura della lava dipende dalla sua composizione chimica. Le lave riolitiche, più ricche in silice, tendono ad avere temperature dell’ordine dei 700°C, mentre le lave basaltiche possono raggiungere anche temperature di 1200°C.

Un caso particolare è quello delle lave carbonatiche, emesse dal vulcano Ol Doinyo Lengai, in Tanzania. Queste lave estremamente fluide eruttano a temperature fra i 500 e i 600°C.

Che velocità può raggiungere una colata lavica?

Vicino alla bocca eruttiva, una colata di lava può muoversi anche a diversi chilometri all’ora; tuttavia al contatto con l’ambiente esterno, la lava si raffredda rapidamente in superficie formando una crosta che rallenta l’avanzamento della colata. Così già a pochi chilometri dalla bocca eruttiva, la colata lavica si muove ad una velocità di poche decine di metri all’ora.

La velocità di una colata dipende da diversi fattori fra cui il tasso di alimentazione, cioè la velocità alla quale la lava viene eruttata, la composizione della lava e la sua temperatura (dalle quali dipende la viscosità della lava e quindi la sua capacità di scorrere) e non ultima la pendenza del terreno su cui la lava scorre.

Perché i vulcani a volte eruttano in maniera esplosiva e a volte no?

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Lo stile eruttivo di un vulcano dipende dalle caratteristiche del magma e dalla velocità alla quale viene eruttato (tasso eruttivo). L’elemento principale che determina l’esplosività di un’eruzione è la quantità in gas disciolto nel magma (principalmente vapore acqueo e anidride carbonica).  

APPROFONDIMENTO

Il magma contiene sempre una certa quantità di gas, che sono spesso disciolti nel fuso, un po’ come l’anidride carbonica è disciolta nelle bevande gassate. Quando un magma risale verso la superficie, il gas si libera, formando delle bolle proprio come accade alle bevande. Se le condizioni sono adatte, queste bolle scoppiano, riducendo il magma in una miriade di piccoli frammenti di fuso e cristalli, che vengono violentemente dispersi nell’atmosfera. Succede lo stesso quando salta il tappo di una bottiglia di spumante, trascinato via dal gas che si libera, trascinando il vino fuori dalla bottiglia.

L’esplosività di un’eruzione dipende da molti fattori come il contenuto in gas, la composizione chimica del magma, il tasso eruttivo e perfino il luogo in cui avviene l’eruzione.

Fino a poco tempo fa, si riteneva che fosse la composizione chimica del magma a determinare il carattere esplosivo o meno di un’eruzione. Un magma ricco di silice (SiO2) è molto viscoso e il gas deve esercitare una forza enorme per riuscire a liberarsi, causando in questo modo un’eruzione fortemente esplosiva. Al contrario, nel caso di magmi basaltici, poveri di silice, i gas si liberano facilmente dal magma, più fluido, e l’eruzione perde il suo carattere esplosivo. Secondo questo modo di vedere, un vulcano basaltico non dovrebbe dunque produrre eruzioni fortemente esplosive. Invece si conoscono molti vulcani che hanno emesso magmi basaltici nel corso di eruzioni estremamente violente, fra cui il Tarawera (Nuova Zelanda) nel 1886, il  Masaya (Nicaragua), o l’Etna (in un’eruzione di quasi 4000 anni fa e più recentemente nell’anno 122 a.C.). Esistono anche esempi contrari: un vulcano come il Mount St Helens negli Stati Uniti, conosciuto per la sua grande eruzione esplosiva del 18 maggio 1980, si è risvegliato nel 2004 ed ha emesso un magma identico a quello del 1980, ma nel corso di un’eruzione a bassa esplosività. Lo studio di queste eruzioni particolari ha mostrato che il fattore determinante è la disponibilità di gas durante l’eruzione: magmi molto ricchi in gas tendono a dare eruzioni esplosive, mentre magmi che arrivano ad eruttare dopo aver perso i loro gas eruttano in maniera più “tranquilla”.

Cosa sono il rischio vulcanico e la pericolosità vulcanica? Qual è la differenza?

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Il rischio vulcanico è il prodotto di tre fattori: pericolosità vulcanica, valore esposto e vulnerabilità.
La pericolosità vulcanica è la probabilità che una determinata area sia interessata da fenomeni legati ad attività vulcanica potenzialmente distruttivi in un determinato intervallo di tempo.

APPROFONDIMENTO (tratto da “I vulcani napoletani: pericolosità e rischio”, di Giovanni Orsi et al, 2000, Osservatorio Vesuviano)

Pericolosità e rischio sono spesso usati come sinonimi ma hanno significati molto differenti. Il rischio vulcanico, infatti, è il prodotto di tre fattori: pericolosità vulcanica, valore esposto e vulnerabilità (Figura1).

Figura 1 - Illustrazione della definizione di rischio vulcanico (tratta da "I vulcani napoletani: pericolosità e rischio", di Giovanni Orsi et al, 2000, Osservatorio Vesuviano).
Figura 1 – Illustrazione della definizione di rischio vulcanico (tratta da “I vulcani napoletani: pericolosità e rischio”, di Giovanni Orsi et al, 2000, Osservatorio Vesuviano).

La pericolosità è la probabilità che una determinata area sia interessata da fenomeni potenzialmente distruttivi in un determinato intervallo di tempo. Nel caso di vulcani viene riferita a fenomeni quali colate di lava, flussi piroclastici, caduta di particelle ecc..
Il valore esposto è dato dall’insieme delle persone, delle costruzioni, delle infrastrutture, della superficie di terreno agricolo, ecc., presenti nell’area potenzialmente interessata dai fenomeni previsti.
La vulnerabilità è la percentuale del valore esposto che si stima verrà perduta per effetto di un determinato fenomeno distruttivo.
L’uomo non può intervenire per diminuire la pericolosità vulcanica: essa dipende da fenomeni naturali che sono fuori dalla nostra possibilità di controllo. Ma una corretta gestione del territorio e adeguate misure di prevenzione possono evitare, o almeno limitare l’aumento del valore esposto e della vulnerabilità. Ad esempio la costruzione di edifici con solai resistenti al carico di particelle vulcaniche che si accumulano per caduta durante un’eruzione, può ridurre drasticamente la vulnerabilità. Non si può impedire, quindi, che avvengano fenomeni naturali pericolosi quali le eruzioni vulcaniche, si può, però, mitigare fortemente il rischio ad essi collegato, modificando le variabili valore esposto e vulnerabilità.
Il presupposto indispensabile per la definizione del rischio vulcanico è la zonazione del territorio in funzione dei pericoli attesi da un vulcano, ovvero la delimitazione delle aree che potrebbero essere esposte ai diversi pericoli. La zonazione, basata sulle caratteristiche dell’evento vulcanico atteso e sulla morfologia del territorio, viene rappresentata su carte di pericolosità. Se a queste carte si sovrappongono anche le variabili dipendenti dalla presenza dell’uomo e dall’uso del territorio, si costruiscono carte di rischio