La “rivoluzione dei criptotefra”: l’uso delle ceneri vulcaniche per datare e correlare eventi geologici e climatici in Antartide

di Alessio Di Roberto e gruppo scientifico progetto TRACERS

Nell’immaginario collettivo l’Antartide è sinonimo di temperature estreme, ghiacciai a perdita d’occhio, iceberg e pinguini. Non tutti sanno, però, che l’Antartide ospita numerosi vulcani, molti dei quali considerati attivi. Tra questi il monte Erebus, un vulcano alto quasi 3800 metri, situato sull’isola di Ross, e il monte Melbourne, a pochi passi dalla base scientifica italiana “Mario Zucchelli”, che, secondo alcuni, avrebbe eruttato nei primi del 1900.

In passato, l’attività eruttiva dei vulcani antartici, spesso di tipo fortemente esplosivo, ha prodotto e disperso in atmosfera enormi quantità di materiale piroclastico. Le ceneri vulcaniche sono state trasportate dai venti su aree molto vaste del continente Antartico e dell’Oceano meridionale e sono oggi contenute nei ghiacci continentali e nei sedimenti marini sotto forma di strati visibili detti tefra (dal greco τέφρα = cenere), oppure come sottilissimi straterelli praticamente  invisibili a occhio nudo detti criptotefra (dal greco κρυπτός, nascosto + τέφρα = cenere, ovvero cenere nascosta).

In tutto il mondo, lo studio dei tefra e dei criptotefra costituisce per la comunità scientifica un prezioso strumento per la datazione, correlazione e sincronizzazione di sequenze o eventi geologici, paleoecologici, paleoclimatici ed archeologici. Infatti, le ceneri vulcaniche impiegano poche ore o al massimo giorni dal momento in cui vengono eruttate al momento in cui si depositano a terra, sulla superficie del ghiaccio o sul fondo dell’oceano, e costituiscono, quindi, una isocrona, ovvero una superficie che ha sempre la stessa età ovunque si trovi. Se si conosce l’età dell’eruzione che ha prodotto il livello di cenere, determinabile in modo piuttosto preciso con metodi di datazione diretti e indiretti, si può attribuire questa età alla sequenza stratigrafica oggetto di studio (figura 1).

figura 1_Schema campionamento carote
Figura 1 – Schema che mostra la formazione, la dispersione e la deposizione delle ceneri vulcaniche (tefra) nei sedimenti marini prima del campionamento per gli studi di tefrocronologia.

In Antartide, la tefrocronologia, cioè lo studio dei tefra e il loro uso come isocrone, è stato in passato applicato quasi esclusivamente alle carote di ghiaccio, fornendo risultati spesso eccezionali.

Studi recenti, condotti da ricercatori italiani, inglesi e tedeschi nell’ambito del progetto TRACERS (TephRochronology and mArker events for the CorrElation of natural archives in the Ross Sea, Antarctica) finanziato dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) hanno dimostrato che anche i sedimenti marini hanno un potenziale estremamente elevato per le ricostruzioni tefrocronologiche (figura 2). Uno lavoro recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports (First marine cryptotephra in Antarctica found in sediments of the western Ross Sea correlates with englacial tephras and climate Records. https://doi.org/10.1038/s41598-019-47188-3) illustra in dettaglio questa scoperta.

figura 2_Edisto Inlet, dalla nave Italica
Figura 2 – Il fiordo Edisto Inlett nella Terra Vittoria del Nord, Antartide, visto dalla nave Italica.

Per la prima volta in Antartide i ricercatori hanno identificato un criptotefra nei sedimenti marini dell’Edisto Inlett, un fiordo situato nei pressi di Cape Hallett, nella Terra Vittoria del Nord (figure 3 e 4).

figura 3_Edisto Inlet, Cape Hallett
Figura 3 – Cape Hallett, Terra Vittoria del Nord, Antartide.
figura 4_Campionamento carota
Figura 4 – Operazioni di campionamento dei livelli di tefra in una carota prelevata sui fondali del Mare di Ross, in Antartide.

Questo livello invisibile di cenere vulcanica, identificato con metodologie geofisiche, è risultato identico a un tefra eruttato nel 1254 dal vulcano Rittmann, anch’esso situato nella Terra Vittoria del Nord, per composizione chimica, mineralogica, e caratteristiche tessiturali (la forma delle particelle che lo compongono) (figura 5). Lo stesso livello di cenere era stato riconosciuto in passato da altri team di ricerca in numerose carote di ghiaccio prelevate nei ghiacciai Antartici, su un’area di oltre 2 milioni di chilometri quadrati, corrispondente a circa 1/5 dell’intera superficie dell’Europa.

figura 5_Foto microsc ottico + SEM
Figura 5 – Immagini al microscopio ottico (a) ed elettronico (b) del livello di ceneri vulcaniche identificato nei sedimenti marini di Cape Hallett ed oggetto dello studio.

Secondo la ricostruzione dei ricercatori, le caratteristiche indicherebbero che il tefra è stato eruttato a seguito di un’eruzione simile a quella avvenuta nel 2010 dal vulcano Eyjafjallajökull, in Islanda, eruzione famosa per aver causato la quasi totale interruzione del traffico aereo per circa un mese sull’intera Europa. Tralasciando le importanti informazioni di carattere puramente vulcanologico, questa scoperta ha una rilevanza ben più grande per l’intera comunità scientifica. Infatti, il criptotefra costituisce un importantissimo orizzonte stratigrafico grazie al quale, per la prima volta, è possibile correlare e sincronizzare in modo univoco i ghiacci continentali Antartici e le sequenze di sedimenti marini del Mare di Ross, che costituiscono i due principali “archivi” da cui attingere informazioni climatiche.

Questo ritrovamento è fondamentale per comprendere più dettagliatamente come si comportano le calotte glaciali e i sistemi sedimentari marini (gli oceani) in risposta agli eventi climatici e per identificare la natura delle eventuali interconnessioni tra questi sistemi ambientali.

La scoperta apre l’Antartide alla “rivoluzione dei criptotefra”, verso nuove prospettive per l’uso di questi livelli nella datazione degli archivi climatici; la stessa strategia potrà essere impiegata anche in altre aree dell’Oceano Meridionale, dove potenzialmente sono deposte le ceneri emessi da molte altre eruzioni vulcaniche e dove le classiche metodologie di datazione hanno spesso fallito.