Occhi sul vulcano. Il sistema di telecamere termiche a Stromboli

di Mauro Coltelli, Emilio Biale, Francesco Ciancitto, Luigi Lodato, Emilio Pecora, Paolo Principato
A Stromboli, nell’estate 1994, è stata installata la prima telecamera sul Pizzo sopra la Fossa, punto da cui si può vedere dall’alto la terrazza craterica, dando il via al monitoraggio video in continuo dell’attività eruttiva del vulcano. Attualmente sul vulcano sono in funzione tre stazioni: Quota 190 m sul lato settentrionale della Sciara del Fuoco (telecamere visiva e termica); Punta dei Corvi sul lato meridionale della Sciara del Fuoco (termica); Pizzo sopra la Fossa (termica). Nel giugno 2020 è stata ripristinata quest’ultima stazione, che era andata distrutta durante l’eruzione del 2019 (Figura 1). Questo sistema di telecamere permette la videosorveglianza automatica e in continuo del vulcano, che, integrata con i segnali di altri sistemi di sorveglianza (per l’attività sismica, deformazioni del suolo ed emissioni di gas), rende l’immagine complessiva dello stato del vulcano.
Stromboli è conosciuto in tutto il mondo per la sua persistente attività esplosiva di bassa energia. Le esplosioni dello Stromboli si susseguono a intervalli variabili da pochi secondi ad alcune ore, con un intervallo medio di pochi minuti. Esse sono prodotte da bocche che si aprono sulla terrazza craterica sotto il Pizzo sopra la Fossa e causano l’espulsione di brandelli di lava, bombe vulcaniche e lapilli che ricadono sulla terrazza craterica e sulla sottostante Sciara del Fuoco, un ripido versante che scende fino al mare dal lato nord-occidentale dell’isola. I vulcanologi chiamano “stromboliana” questo tipo di attività.

L’attività stromboliana ordinaria è sporadicamente interrotta da esplosioni di forte intensità (esplosioni maggiori) che causano la ricaduta di bombe su ampie aree della sommità del vulcano e, più raramente, da esplosioni ancora più forti, note come ‘parossismi’, che interessano gran parte dell’isola fino ai centri abitati. Le esplosioni maggiori rappresentano un rischio per i turisti che visitano l’area sommitale, mentre i parossismi possono creare gravi danni alle zone abitate, mettendo a rischio la popolazione dell’isola.
Il Pizzo sopra la Fossa, a 918 m slm, rappresenta un punto di vista unico per osservare l’attività stromboliana e quindi per il monitoraggio dello stato di attività del vulcano stesso. Questo sito è, però, esposto all’impatto, a volte devastante, dei prodotti delle esplosioni di forte intensità. La necessità di conoscere lo stato dell’attività eruttiva per coglierne i sintomi di un possibile cambiamento prima che questo divenga critico e pericoloso, ha portato i vulcanologi a selezionare questo sito come ideale per il monitoraggio. Tale scelta espone le attrezzature a numerosi danni provocati, oltre che dalle esplosioni più forti, anche dalle proibitive condizioni ambientali dovute alla presenza di gas corrosivi e ceneri vulcaniche abrasive. Infatti, nei 25 anni di videosorveglianza dal Pizzo sopra la Fossa sono state sostituite ben 5 telecamere, distrutte dall’attività vulcanica o sostituite perché usurate dalle condizioni ambientali (Figura 2).

Negli anni il sistema di videosorveglianza si è evoluto nella ricerca di sensori di immagine particolarmente adatti a rilevare i materiali vulcanici espulsi ad altissime temperature (>1000°C). Si è passati dalle telecamere operanti nella banda del visibile a quelle nella banda dell’infrarosso ed infine a quelle termiche, telecamere all’infrarosso in grado di quantificare la temperatura dei frammenti eruttati. Con le telecamere termiche si può osservare l’attività esplosiva in qualsiasi condizione di luce (anche di notte) poiché questi sensori rilevano solo la componente infrarossa della banda elettromagnetica prodotta dai corpi caldi e non quella visibile soggetta alle variazioni dell’illuminazione solare. La Figura 3 mostra due immagini, una notturna e una ripresa di giorno, della nuova telecamera termica sul Pizzo. Inoltre, la radiazione infrarossa riesce a passare attraverso la condensa dei vapori emessi dalle bocche vulcaniche e la nuvolosità che spesso si forma sulla terrazza craterica.

Grazie al continuo rilevamento delle particelle vulcaniche emesse, i vulcanologi hanno sviluppato un sistema di monitoraggio automatico in tempo reale, basato su algoritmi di analisi delle immagini che rilevano i frammenti caldi espulsi durante le esplosioni e permettono di quantificare l’accadimento degli eventi esplosivi, l’energia meccanica dissipata e, in futuro, anche la massa del materiale eruttato. Questo parametro rappresenta la variabile più importante per caratterizzare l’andamento dell’attività eruttiva di un vulcano e permette di rilevare la sua variazione prima che questa arrivi a produrre le esplosioni parossistiche.
Il monitoraggio effettuato mediante la telecamera termica del Pizzo sopra la Fossa, integra le misure della composizione dei gas vulcanici emessi dalle bocche e i segnali geofisici, sismici e di deformazione del suolo. Nell’insieme contribuisce a riconoscere i cambi di attività prodotti dall’arrivo di nuovo magma dal profondo del sistema di alimentazione del vulcano e a prevedere gli sviluppi e gli eventuali cambi di stile eruttivo.
Il prossimo passo del monitoraggio quantitativo dell’attività eruttiva sarà quello di sviluppare previsioni affidabili dell’approssimarsi delle condizioni in cui avvengono i fenomeni esplosivi di più forte intensità, come le eruzioni parossistiche. I parossismi sono attualmente previsti mediante un sistema di early warning basato sui segnali di deformazione del suolo. Purtroppo questo sistema consente di allertare chi si trova sul vulcano solo pochi minuti prima dell’evento e quindi non permette di assicurare un avvicinamento protetto all’area sommitale del Pizzo sopra la Fossa per osservare direttamente la spettacolare attività che rende Stromboli un vulcano unico nel mondo (Figura 4).
